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Il lato oscuro di Voltaire

Nessuno più di Voiltare( 1694-1778 ) è stato lodato, adulato e divinizzato dai suoi amici e ammiratori, ma nessuno più di lui è stato criticato e umiliato dai suoi nemici( gelosi di lui o sue vittime ), che gli attribuivano un odio pari al degrado morale di cui lo credevano responsabile. E' questa l' eredità di una personalità che si era subito mostrata fuori dagli schemi, di un comportamento che è servito da modello a generazioni di intellettuali, ma che mostra anche dei tratti di ambiguità.

Nell' epoca in cui i prìncipi dominavano i destini dei loro stati, Voltaire seppe essere loro consigliere e maestro. Ai suoi consigli ricorsero alcuni monarchi, come Federico II di Prussia e Caterina II di Russia, che tentavano in qualche modo di mascherare la loro politica dispotica con delle nobili intenzioni.
Di fatto Federico II di Prussia e Caterina II di Russia si presero gioco di lui, più di quanto Voltaire si prendesse gioco di loro. E di questo non si può incolpare la sua ambizione e la loro ipocrisia.

Ma Voltaire aveva molto di più: dopo aver "divertito" le Corti, voleva essere la guida spirituale della sua epoca. Voleva illuminare l' Europa, essere il denunciatore delle iniquità, il difensore di tutte le cause umanitarie.
Paladino dei Lumi e della Giustizia, mise al loro servizio tutta la propria intelligenza. Il prestigio di Voiltare si può spiegare ricordando come egli non fosse un intellettuale isolato in una torre d' avorio: era piuttosto il capo di una "setta insolente", quella dei philosophes. Come capo di questa "setta" inventò la figura dell' intellettuale moderno che difende le giuste cause, che scuote l' opinione pubblica e muove all' indignazione.

Nella Francia dell' antico regime Voiltare mise la sua penna al servizio della giustizia e dell' umanità, come testimonia il suo intervento nell' affaire Calas.
Nell' ottobre 1761 Calas, un commerciante calvinista di Tolosa, trova suo figlio impiccato in negozio. Contro ogni evidenza viene accusato di aver ucciso il figlio per impedirgli di convertirsi al cattolicesimo ed è condannato a morte dal Parlamento.
In realtà, il giovane si era ucciso per disperazione. L' errore e la follia fanatica furono talmente evidenti che si sviluppoò un movimento d' opinione a favore di suo padre.
Voltaire guidò la protesta. Chiese la riabilitazione di Calas, appellandosi al Consiglio del Re, e scrisse il Trattato sulla tolleranza( 1763 ).
Nel 1764 il Parlamento di Tolosa annullò la condanna e l' anno successivo Calas venne riabilitato. Si dovranno attendere ancora ventidue anni prima che una blanda riforma riammettesse i protestanti alla vita civile. Tuttavia, nonostante la persecuzione restasse legale, divenne meno religiosa. Denunciò con rabbia i governi che imprigionavano arbitrariamente, le Chiese che usavano le superstizioni per meglio edificare il loro impero, i fanatismi criminali che imprigionavano o uccidevano per regnare nella stupidità.

Lo si rimproverò di aver sparso ironia e derisione sulla Bibbia, sui miracoli di Gesù, di aver ricoperto di sarcasmo gli Ebrei che nel suo dizionario filosofico aveva definito "un' orda selvaggia" superstiziosa e ignorante, composta da ladri e usurai, che credeva di essere al centro delle attenzioni di Dio.
In realtà si trattava della sua lotta contro la "infame" intolleranza, contro la stupidità in tutte le sue forme, contro le religioni che avevano dato origine alla guerra civile, ai roghi, all' inquisizione.

La terribile accusa di essere antisemita si fonda su un malinteso: non c'è infatti traccia di razzismo e di antisemitismo nelle sue opere. Voltaire rifiutava, negli antichi Ebrei e nella Bibbia, quella che ai suoi occhi era una perversione spirituale e intellettuale: quella di ritenere che Dio avesse eletto gli Ebrei, riservando loro i suoi favori e la sua luce, e avesse escluso dalla sua paternità tutto il resto dell' umanità.
Niente poteva irritare Voltaire quanto questa concezione monopolizzante della divinità: Dio illumina il mondo intero e non limita i suoi favori a un piccolo "formicaio", lasciando tutti gli altri uomini nell' oscurità e nell' infelicità.

Voltaire amava gli agi, il lusso, il denaro. Si diede a speculare e anche a truffare, quando aveva già raggiunto un' indipendenza economica che gli assicurava la sua libertà di scrittore. Lo si è descritto come un avaro rapace, ma era capace di grandi gesti di generosità. Preferì scegliere la compagnia dei grandi e dei potenti ma sapeva bene cosa aspettarsi da loro.
Non dimenticava che in gioventù il cavaliere di Rohan lo aveva fatto bastonare, imprigionare e costretto a fuggire in Inghilterra.

I suoi tratti più agressivi Voltaire li riservava a quelli che - a loro volta - lo attaccavano.
La sua vanità di autore era sensibilissima: alla minima critica, magari di autori mediocri o invidiosi, gridava alla persecuzione, richiedeva i peggiori castighi, denunciava i suoi avversari a quegli stessi giudici di cui spesso contestava l' equità e la dignità, si abbandonava a vedette esemplari.
Ma tutto questo rientrava nella pignoleria - e anche nell' infantilismo - di cui i letterati hanno sempre dato prova, più che nel codice penale.

Fece eccezione il trattamento riservato a un editore ginevrino, che Voltaire accusò di aver pubblicato una volgare e oscena contraffazione del suo libro su Giovanna d' Arco. Dopo averlo invitato a casa propria, lo riempì di adulazioni, ma di fronte alle sue resistenze a ritirare il libro, Voltaire cercò di strangolarlo. L' editore fuggì, ma Voltaire riuscì a farlo imprigionare e poi bandire da Ginevra.

Non era dunque nè la prima nè l' ultima volta che Voltaire si era trasformato in persecutore. E' noto il suo pessimo rapporto con Rousseau. Dopo alcuni anni di relazioni amichevoli, un' opera di Voltaire scatenò la reazione di Rousseau. Nel suo Poema sul disastro di Lisbona( che raccontava la distruzione della città a causa di un tremendo terremoto ), Voltaire criticò l' idea di provvidenza divina: Rousseau, contrario al materialismo dei philosophes, ritenne che questa critica fosse inaccettabile.
Da una questione filosofica e religiose si passò agli attacchi personali. In una lettera del 1760 Rousseau scrisse a Voltaire: "Vi odio perchè l' avete voluto voi". Voltaire fece sapere a tutta Europa che Rousseau era pazzo.

Perseguito per le sue ideee, Rousseau credeva che dietro i suoi guai ci fosse proprio Voltaire, "rinnegato e falso fratello". I due cominciarono a denunciarsi a vicenda, e Voltaire, ricco e felice, sembrò avere la meglio. Ma Rousseau si prese una piccola rivincita, quando nel 1770 partecipò a una sottoscrizione per una statua di Voltaire a Parigi: il che fece andare su tutte le furie Voltaire che si sentì umiliato da questa generosità.

Specialista nei voltafaccia, crudele come lo sanno essere i bambini, Voltaire fu anche vittima del suo tempo. La libertà, tanto desiderata da diventare incontrollabile, si trasforma in ferocia.
A questo punto dell' analisi, si impone una domanda: e se il solo torto di Voltaire fosse stato quello di essere stato umano, troppo umano, sovrabbondante nella virtù ed eccessivo nel vizio, allo stesso tempo troppo fiducioso e troppo scettico, soggetto a nobili indignazioni ma anche a volgari rancori?
Qualunque sia il giudizio sull' uomo, il merito della sua opera, l' eccellenza della sua azione, e le sue attualità rendono abbastanza ininfluente la domanda. E' un po' come chiedersi: era buono o cattivo?