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Milano 1881, con l' Expò nacque l' Italia industriale

"In nome di Sua Maestà il Re dichiaro aperta l' esposizione".
Con queste parole di rito il ministro dell' agricoltura, industria e commercio, Miceli, inaugurava solennemente l' Esposizione Nazionale di Milano del 1881.

Era l' una precisa del 5 maggio. Il re Umberto I "pallido e fiero", la regina "rosea e sorridente", si alzarono dal trono e accompagnati dalle autorità si avviarono verso i padiglioni.
Mentre le bande intonavano l' inno reale - come raccontano i cronisti dell' epoca - venti salve di cannone facevano tremare i vetri della città e venivano a sottolineare un avvenimento che segnava per l' Italia una nuova epoca. Umberto I era da appena tre anni sul trono. Gli italiani erano in tutto quasi 20 milioni, di cui circa il 60% ancora analfabeti. Ma il futuro, il progresso, sembrava bussare alle porte.
Nel manifesto dell' Expò si dichiarava la necessità di un' esposizione nazionale che rendesse onore alle potenzialità economiche delle varie regioni d' Italia. La mostra rimase aperta per sei mesi consecutivi; i visitatori furono più di un milione, con punte di 25000 ingressi giornalieri. Fu un evento davvero memorabile: l' Italia era uno Stato indipendente da vent' anni e aveva completato la sua unità da dieci; era un paese da costruire e la grande fiera di Milano rappresentò il primo miracolo economico di una nazione con enormi sacche di arretratezza industriale e culturale. Per la prima volta l' Italia unita si guardò allo specchio: ecco che cosa vide.

Gli epositori del nucleo centrale della fiera, dedicato all' industria, erano suddivisi in 11 gruppi e 66 classi; furono in totale 7000 e la maggior parte provenivano dalla Lombardia. La Toscana mandò 835 rappresentanti e il Piemonte 685. Per ultime si piazzarono Calabria e Basilicata, con 30 e 2 espositori.
Moltissimi furono gli stend dedicati alla govane industria delle macchine e della meccanica in generale. I visitatori potevano ammirare il gigantesco stand della ditta Elvetica, futura Breda, che produceva motrici e grandi macchine utensili; quello dell' Ansaldo, della Fratelli Orlandi, della Fonderia Pignone. Il pubblico scoprì che l' Italia era una proficua produttrice di locomotive e vagoni ferroviari, vascelli, pompe e argani.
Il settore chimico stava facendo i primi passi, ma a Milano esposero già i loro prodotti alcune aziende.

Queste erano solo alcune tra le più note aziende che animarono l' Expò del 1881, ma avrebbero comunque consentito a un visitatore attento di comprendere un dato, fra tanti entusiasmi. L' Italia si avviava sulla strada dell' industrializzazione con un "vizio d' origine": la carenza di fonti di energia e materie prime. Quindi la naturale dimensione dell' industria italiana sarebbe stata quella piccola e media. La grande industria si sarebbe affermata con difficoltà.

L' inaugurazione della fiera fu vissuta con grande euforia per le strade di Milano: eventi culturali e mondani si susseguirono per tutta la settimana d' apertura. Il divertimento popolare trovò soddisfazione nella grande lotteria a premi: furono venduti ben 2 milioni di biglietti. In palio c' erano cinque cubi d' oro massiccio e un migliaio di premi minori. All' interno dello spazio espositivo vennero allestiti bar, ristoranti e ampi spazi per il riposo nel verde del giardino pubblico.

I giornali parlarono della fiera in termini lusinghieri: il "Gazzettino Rosa", di impostazione radical repubblicana la definì "la grande festa del lavoro italiano"; l' Illustrazione italiana" scrisse che l' eposizione milanese ripagava la nazione dello smacco che aveva dovuto subire in Tunisia, cedendo il passo ai Francesi.
Tuttavia, non tutte le voci furono entusiaste dell' Esposizione. Camillo Boito lamentò l' assoluta mancanza di stile nelle architetture espositive, sbeffeggiando i padiglioni a forma di pagoda, di tempio greco o di isba russa. Gli amanti del buon gusto lamentarono l' eccessiva rumorosità degli ambienti e gli insopportabili miscugli di odori.
Per sei mesi i quotidiani e periodici d' Italia non parlarono d' altro che degli avvenimenti milanesi, incoronando Milano quale "capitale economica" d' Italia. Un ruolo che non avrebbe più lasciato.

Il bilancio della mostra fu positivo anche sotto il profilo economico. Con orgoglio, così scrivono gli organizzatori.
E' la prima eposizione che cominciò, fiorì e si chiuse senza, o quasi, intervento governativo; è la prima che finisce con un vantaggio finanziario. In qualsiasi galleria si movesse il passo, si incontrava una scoperta, scoperta di progresso, maturata lentamente nel silenzio, e che ora scattava fuori, alla luce del giorno. Tutta l' Esposizione fu un' utile scuola di arti e mestieri; ma una sezione era più specialmente riservata ai prodotti delle scuole artigianali. E' nella scuola che l' operaio si spoglia della scorza del vecchio Adamo, ignorante e sudicio, e si fa degno dei tempi nuovi.