Spiga

Il lato oscuro di Voltaire

Nessuno più di Voiltare( 1694-1778 ) è stato lodato, adulato e divinizzato dai suoi amici e ammiratori, ma nessuno più di lui è stato criticato e umiliato dai suoi nemici( gelosi di lui o sue vittime ), che gli attribuivano un odio pari al degrado morale di cui lo credevano responsabile. E' questa l' eredità di una personalità che si era subito mostrata fuori dagli schemi, di un comportamento che è servito da modello a generazioni di intellettuali, ma che mostra anche dei tratti di ambiguità.

Nell' epoca in cui i prìncipi dominavano i destini dei loro stati, Voltaire seppe essere loro consigliere e maestro. Ai suoi consigli ricorsero alcuni monarchi, come Federico II di Prussia e Caterina II di Russia, che tentavano in qualche modo di mascherare la loro politica dispotica con delle nobili intenzioni.
Di fatto Federico II di Prussia e Caterina II di Russia si presero gioco di lui, più di quanto Voltaire si prendesse gioco di loro. E di questo non si può incolpare la sua ambizione e la loro ipocrisia.

Ma Voltaire aveva molto di più: dopo aver "divertito" le Corti, voleva essere la guida spirituale della sua epoca. Voleva illuminare l' Europa, essere il denunciatore delle iniquità, il difensore di tutte le cause umanitarie.
Paladino dei Lumi e della Giustizia, mise al loro servizio tutta la propria intelligenza. Il prestigio di Voiltare si può spiegare ricordando come egli non fosse un intellettuale isolato in una torre d' avorio: era piuttosto il capo di una "setta insolente", quella dei philosophes. Come capo di questa "setta" inventò la figura dell' intellettuale moderno che difende le giuste cause, che scuote l' opinione pubblica e muove all' indignazione.

Nella Francia dell' antico regime Voiltare mise la sua penna al servizio della giustizia e dell' umanità, come testimonia il suo intervento nell' affaire Calas.
Nell' ottobre 1761 Calas, un commerciante calvinista di Tolosa, trova suo figlio impiccato in negozio. Contro ogni evidenza viene accusato di aver ucciso il figlio per impedirgli di convertirsi al cattolicesimo ed è condannato a morte dal Parlamento.
In realtà, il giovane si era ucciso per disperazione. L' errore e la follia fanatica furono talmente evidenti che si sviluppoò un movimento d' opinione a favore di suo padre.
Voltaire guidò la protesta. Chiese la riabilitazione di Calas, appellandosi al Consiglio del Re, e scrisse il Trattato sulla tolleranza( 1763 ).
Nel 1764 il Parlamento di Tolosa annullò la condanna e l' anno successivo Calas venne riabilitato. Si dovranno attendere ancora ventidue anni prima che una blanda riforma riammettesse i protestanti alla vita civile. Tuttavia, nonostante la persecuzione restasse legale, divenne meno religiosa. Denunciò con rabbia i governi che imprigionavano arbitrariamente, le Chiese che usavano le superstizioni per meglio edificare il loro impero, i fanatismi criminali che imprigionavano o uccidevano per regnare nella stupidità.

Lo si rimproverò di aver sparso ironia e derisione sulla Bibbia, sui miracoli di Gesù, di aver ricoperto di sarcasmo gli Ebrei che nel suo dizionario filosofico aveva definito "un' orda selvaggia" superstiziosa e ignorante, composta da ladri e usurai, che credeva di essere al centro delle attenzioni di Dio.
In realtà si trattava della sua lotta contro la "infame" intolleranza, contro la stupidità in tutte le sue forme, contro le religioni che avevano dato origine alla guerra civile, ai roghi, all' inquisizione.

La terribile accusa di essere antisemita si fonda su un malinteso: non c'è infatti traccia di razzismo e di antisemitismo nelle sue opere. Voltaire rifiutava, negli antichi Ebrei e nella Bibbia, quella che ai suoi occhi era una perversione spirituale e intellettuale: quella di ritenere che Dio avesse eletto gli Ebrei, riservando loro i suoi favori e la sua luce, e avesse escluso dalla sua paternità tutto il resto dell' umanità.
Niente poteva irritare Voltaire quanto questa concezione monopolizzante della divinità: Dio illumina il mondo intero e non limita i suoi favori a un piccolo "formicaio", lasciando tutti gli altri uomini nell' oscurità e nell' infelicità.

Voltaire amava gli agi, il lusso, il denaro. Si diede a speculare e anche a truffare, quando aveva già raggiunto un' indipendenza economica che gli assicurava la sua libertà di scrittore. Lo si è descritto come un avaro rapace, ma era capace di grandi gesti di generosità. Preferì scegliere la compagnia dei grandi e dei potenti ma sapeva bene cosa aspettarsi da loro.
Non dimenticava che in gioventù il cavaliere di Rohan lo aveva fatto bastonare, imprigionare e costretto a fuggire in Inghilterra.

I suoi tratti più agressivi Voltaire li riservava a quelli che - a loro volta - lo attaccavano.
La sua vanità di autore era sensibilissima: alla minima critica, magari di autori mediocri o invidiosi, gridava alla persecuzione, richiedeva i peggiori castighi, denunciava i suoi avversari a quegli stessi giudici di cui spesso contestava l' equità e la dignità, si abbandonava a vedette esemplari.
Ma tutto questo rientrava nella pignoleria - e anche nell' infantilismo - di cui i letterati hanno sempre dato prova, più che nel codice penale.

Fece eccezione il trattamento riservato a un editore ginevrino, che Voltaire accusò di aver pubblicato una volgare e oscena contraffazione del suo libro su Giovanna d' Arco. Dopo averlo invitato a casa propria, lo riempì di adulazioni, ma di fronte alle sue resistenze a ritirare il libro, Voltaire cercò di strangolarlo. L' editore fuggì, ma Voltaire riuscì a farlo imprigionare e poi bandire da Ginevra.

Non era dunque nè la prima nè l' ultima volta che Voltaire si era trasformato in persecutore. E' noto il suo pessimo rapporto con Rousseau. Dopo alcuni anni di relazioni amichevoli, un' opera di Voltaire scatenò la reazione di Rousseau. Nel suo Poema sul disastro di Lisbona( che raccontava la distruzione della città a causa di un tremendo terremoto ), Voltaire criticò l' idea di provvidenza divina: Rousseau, contrario al materialismo dei philosophes, ritenne che questa critica fosse inaccettabile.
Da una questione filosofica e religiose si passò agli attacchi personali. In una lettera del 1760 Rousseau scrisse a Voltaire: "Vi odio perchè l' avete voluto voi". Voltaire fece sapere a tutta Europa che Rousseau era pazzo.

Perseguito per le sue ideee, Rousseau credeva che dietro i suoi guai ci fosse proprio Voltaire, "rinnegato e falso fratello". I due cominciarono a denunciarsi a vicenda, e Voltaire, ricco e felice, sembrò avere la meglio. Ma Rousseau si prese una piccola rivincita, quando nel 1770 partecipò a una sottoscrizione per una statua di Voltaire a Parigi: il che fece andare su tutte le furie Voltaire che si sentì umiliato da questa generosità.

Specialista nei voltafaccia, crudele come lo sanno essere i bambini, Voltaire fu anche vittima del suo tempo. La libertà, tanto desiderata da diventare incontrollabile, si trasforma in ferocia.
A questo punto dell' analisi, si impone una domanda: e se il solo torto di Voltaire fosse stato quello di essere stato umano, troppo umano, sovrabbondante nella virtù ed eccessivo nel vizio, allo stesso tempo troppo fiducioso e troppo scettico, soggetto a nobili indignazioni ma anche a volgari rancori?
Qualunque sia il giudizio sull' uomo, il merito della sua opera, l' eccellenza della sua azione, e le sue attualità rendono abbastanza ininfluente la domanda. E' un po' come chiedersi: era buono o cattivo?

L' antica leggenda del mais e del picchio

Un tempo il mais si trovava tutto sotto una grande montagna di roccia.
A scoprirlo furono per prime le formiche guerrire, che scavarono una galleria fino al nascondiglio e cominciarono a portarsi via il mais caricandoselo sul dorso, grano per grano.
La volpe, sempre curiosa dei fatti vicini, vide portare le formiche portare quel grano sconosciuto e ne assaggiò. A poco a poco altri animali e poi anche gli uomini vennero a conoscienza del nuovo cibo. Ma potevano raggiungerlo nel magazzino sotterraneo soltanto le formiche.

Allora l' uomo pregò gli dei delle piogge che lo aiutassero a raggiungere il magazzino. Tre di questi dei, a turno, tentarono di far saltare la roccia con le loro saette, ma invano. Andarono dal capo degli dei della pioggia, il più vecchio di tutti, e lo convinsero a provarci.
Il dio chiamò il picchio perchè battesse sulla superficie della roccia finchè avesse trovato il punto più debole. Una volta scopertolo, il vecchio dio mandò il picchio a ripararsi sotto uno strapiombo della montagna e pi con tutta la forza scagliò contro quel punto il più poderoso dei suoi fulmini: la roccia si spaccò.

Nel momento in cui il fulmine andava a segno il picchio disobbediente mise fuori la testa. Una scaglia volata via dalla roccia lo colpì sulla testa e gli fece una ferita da cui sgorgò molto sangue: da allora il picchio ha la testa rossa.

Il calore sprigionato dal fulmine era così intenso che il mais, che era tutto bianco, in una certa misura si abbrustolì. Parte dei grani di una pannocchia erano rosolati, parte anneriti dal fumo, e alcuni rimasti chiari.
Di qui le quattro varietà del granoturco: nera, rossa,gialla e bianca.

Il carattere pubblico della morte


Tutti sappiamo che un giorno o l' altro suonerà la nostra ora, ma per la gente del secolo XVIII la morte andava sempre a braccetto con la vita. E, in verità, l' ombra della morte fu allora assai più fosca di quel che lasciano pensare i dati statistici.
Incidenti, disordini, pubbliche esecuzioni e l' usanza abituale di morire alla vista di tutti cospiravano a rendere uno spettacolo familiarequello dell' agonia estrema e dei cadaveri illividiti da cui se ne era andata via la vita. Gli ospedali non offrivano la possibilità di uscire dal mondo dei vivi in silenzio come succede oggi sotto le vigili cure del personale medico specializzato.

Nei loro tuguri i poveri morivano come vivevano e cioè ammucchiati gli uni sugli altri, e anche nelle dimore dei ricchi non esistevano in genere le condizioni perchè uno avesse una sua vita( e una sua morte) privata. E i segni che facevano ricordare la brutalità del morire si scorgevano ad ogni momento negli aspetti raccapriccianti che aveva la vita: si pensi al sangue che dalle botteghe dei macellai defluiva nelle strade; si pensi ai brandelli dei cadaveri gettati nella strada dalle finestre di qualche aula anatomica; si pensi alle carogne di animali nei fossi.

Tuttavia, quasi a far da contrappeso alla confusione e all' intreccio della morte e della vita, avevano valore formale determinate usanze sociali: il lutto era un' usanza da osservarsi rigorosamente e, per chi se lo potesse permettere, era espresso indossando abiti neri con risvolti bianchi di cotone alle maniche e un lungo mantello nero che copriva tutta la persona. Se il defunto era uno dei genitori, il periodo ufficiale di lutto durava sei mesi, se era uno dei nonni durava quattro mesi e mezzo e durava due mesi se si trattava di un fratello o di una sorella.

Nella Francia del Seicento e del Settecento attorno al capezzale del morente ci si radunava per adempiere a doveri di cortesia e ad un rito pubblico. La scena di tanta gente che si affollava attorno al capezzale del morente è tipica dell' ancien régime e costituisce per lo storico uno stereotipo di pronto uso. Eppure, bisognerebbe fare alcune distinzioni. Erano tanti allora coloro che erano soli al mondo o vivevano nella miseria. Così, dopo che il curato se ne era andato, questi morivano come capitava.

Quando la morte appariva ormai imminente, i parenti ne davano avviso al campanaro( a meno che non fossero così miserabili e derelitti da non potersi permettere la modica offerta di circostanza). Quando la campana suonava, chiunque si trovasse nel villaggio e nei campi o in città per le strade affollate nei pressi della chiesa, capiva che un altro cristiano stava morendo. E contando i rintocchi si capiva anche se si trattava di un uomo o di una donna o di un bambino.

Una volta terminate le ultime orazioni e chiusi gli occhi al morto, veniva il momento di mandare a chiamare le donne perchè lavassero la salma e l' avvolgessero in un sudario. Le donne lasciavano scoperto il volto del cadavere e attorno al letto di tenevano candele accese, e si predisponeva un bacile di acqua santa( di cui si servivano gli eventuali visitatori per aspergerne il cadavere e segnarsi). In questo modo il corpo senza vita era pronto per adempiere agli ultimi uffici sociali con amici e vicini che venivano a dirgli addio e a recitare preghiere. Dentro l' abitazione, venivano fermati gli orologi sull' ora della morte, gli specchi erano rivoltati contro il muro e sui quadri si stendeva un velo nero.
Se la famiglia possedeva un mulino a vento, le pale venivano fermate in modo da formare una croce.

Una magia d' amore chiamata neo

Il neo naturale fu cantato nel Seicento - ad esempio dal poeta Giambattista Marino - come nascondiglio dell' amore pronto ad attaccare colui che ne è rimasto affascinato.

Nel 1763 apparve a Parigi una Enciclopedia schematica ovvero quadri delle acconciature alla moda, col sottotitolo: Introduzione alla conoscenza delli chignos, dei pompon, dei diavoletti per i ricci, del bianco di cerussa, dei nei, dei trucchi per ridere, dei bigliettini dolci, dei bigliettini amari e di tutta l' argenteria di Cupido.
Dunque il neo era un' arma nelle mani del dio dell' Amore.


Nel Settecento accanto alle toilette della dama si davano convegno gli amici e gli adoratori: si chiaccherava, si spettegolava, si faceva la corte alla bella e si ritagliavano nei.

Questo, agli occhi dei testimoni del tempo, il rito dell' acconciatura parigina settecentesca:

Scelto, posato, graduato il rossetto, la toilette del viso era fatta solo a metà: restava da darle l' esprit, il piccante. Restava da disporre, da seminare come per caso, con fantasia provocante, tutti quei piccoli pezzi di tela gommata chiamati dai poeti mosche nel latte. L' ultima parola della moda era di cercare un posto per questi grani di bellezza tagliati a cuore, a luna, a cometa, a stella, a spoletta. E quale attenzione nel gettare con grazia sul viso i più raffinati fra questi richiami d' amore usciti da una famosa boutique di via Saint-Honorè: il tirabaci, l' equivoco, l' assassino all' angolo dell' occhio, il maestroso sulla fronte, il galante nel mezzo della gota, il civettuolo e il malandrino presso le labbra. La moda andò più lontano e a un certo punto le donne portarono sulla tempia destra delle mosche di velluto grandi quanto una moneta e si vide persino, sulla tempia della graziosa madame Cases, una mouche contornata di diamanti.


Ma la voga del Sei-Settecento per i nei non riguardava solo le donne. Il padre Agostino Lampugnani, attento osservatore delle mode del suo tempo, scriveva che quella moda era seguita "non solo dalle femmine, ma dai maschi ancora, i volti dei quali, soprattutto dei giovani, appariscono sovente con strana finzione anneriti e perturbati non di minuti nei, ma di grossi e ridicolosi".

La Rivoluzione francese non interruppe la moda dei nei: la signora elegante ora si chiamava "cittadina", ma si ornava di piume e di nei come sua madre e sua nonna.

Lo scrittore francese Balzac ci dice che nulla cambiò anche negli anni successivi: "Si crede che i nei del Settecento siano stati dimenticati o soppressi" - scriveva il La cugina Betta - "ma non è vero. Valeria che voleva far colpo, per quella serata si mise tre nei".

In Germania le cameriere rischiano il posto. Largo alla tecnologia

Se ti capiterà di andare a mangiare in un ristorante in Germania, il menù non ti sarà portato da una bella cameriera bionda, ma troverai un sistema completamente automatizzato che ti permetterà di consultare il menù e ordinare direttamente la tua cena da un monitor touch-screen, senza bisogno di aspettare una vita prima che la cameriera venga a prendere l' ordinazione. Oltre a questo, dopo aver ordinato, si può tranquillamente pagare con carta di credito tramite questo monitor, presente in ogni tavolo del ristorante, che funge da pannello di controllo.

Ma non è finita qui. E' qui che viene la parte più sorprendente dei nuovi ristoranti automatizzati; io parlo ancora di ristorante ma a dir la verità assomiglia più alle montagne russe, con binari di metallo che si incrociano in tutta la sala da pranzo e che a dirla tutta sono un po' anti estetici; ma sono essenziali se si vuole mangiare. Infatti questi binari hanno il compito di trasportare il cibo che abbiamo ordinato poco prima dal nostro menù elettronico.

Questi nastri trasportatori partono dalla cucina, che si trova di sopra, per arrivare nei vari tavoli, per poi essere appoggiate in dei vassoi sopra il tavolo.

Michael Mack, il proprietario dell' innovativo ristorante ha detto che non ha bisogno di cameriere, dato che il cliente può usare il monitor touch-screen per navigare nel menu e scegliere il suo pasto.
Si può anche utilizzare il computer per inviare e-mail e messaggi durante l'attesa.

Per fortuna, almeno in cucina, ci sono i cuochi, probabilmente non hanno ancora capito come fare per atumatizzare anche loro.
Il cibo è preparato in cucina, e una volta pronto viene inviato attraverso il sofisticato sistema fatto di rotaie tipo quelle delle montagne russe, per mandarlo al cliente che l' aveva ordinato.

Il ristorante è un' invenzione di Michael Mack.
"Volevo realizzare un sistema comletamente automatizzato, più efficiente e più confortevole." spiega il portavoce del ristorante "In questo modo è anche possibile ridurre il costo del lavoro. Non c'è bisogno di cameriere che prendano gli ordini e portino da mangiare."

Nel ristorante, comunque, è presente ancora un po' di personale umano per spiegare e aiutare i clienti alle prese con questo nuovo sistema.

In ultima si può dire che sia più economico non solo per il proprietario del ristorante ma anche per i clienti che non sono più costretti a lasciare la mancia alle belle cameriere tedesche.

Milano 1881, con l' Expò nacque l' Italia industriale

"In nome di Sua Maestà il Re dichiaro aperta l' esposizione".
Con queste parole di rito il ministro dell' agricoltura, industria e commercio, Miceli, inaugurava solennemente l' Esposizione Nazionale di Milano del 1881.

Era l' una precisa del 5 maggio. Il re Umberto I "pallido e fiero", la regina "rosea e sorridente", si alzarono dal trono e accompagnati dalle autorità si avviarono verso i padiglioni.
Mentre le bande intonavano l' inno reale - come raccontano i cronisti dell' epoca - venti salve di cannone facevano tremare i vetri della città e venivano a sottolineare un avvenimento che segnava per l' Italia una nuova epoca. Umberto I era da appena tre anni sul trono. Gli italiani erano in tutto quasi 20 milioni, di cui circa il 60% ancora analfabeti. Ma il futuro, il progresso, sembrava bussare alle porte.
Nel manifesto dell' Expò si dichiarava la necessità di un' esposizione nazionale che rendesse onore alle potenzialità economiche delle varie regioni d' Italia. La mostra rimase aperta per sei mesi consecutivi; i visitatori furono più di un milione, con punte di 25000 ingressi giornalieri. Fu un evento davvero memorabile: l' Italia era uno Stato indipendente da vent' anni e aveva completato la sua unità da dieci; era un paese da costruire e la grande fiera di Milano rappresentò il primo miracolo economico di una nazione con enormi sacche di arretratezza industriale e culturale. Per la prima volta l' Italia unita si guardò allo specchio: ecco che cosa vide.

Gli epositori del nucleo centrale della fiera, dedicato all' industria, erano suddivisi in 11 gruppi e 66 classi; furono in totale 7000 e la maggior parte provenivano dalla Lombardia. La Toscana mandò 835 rappresentanti e il Piemonte 685. Per ultime si piazzarono Calabria e Basilicata, con 30 e 2 espositori.
Moltissimi furono gli stend dedicati alla govane industria delle macchine e della meccanica in generale. I visitatori potevano ammirare il gigantesco stand della ditta Elvetica, futura Breda, che produceva motrici e grandi macchine utensili; quello dell' Ansaldo, della Fratelli Orlandi, della Fonderia Pignone. Il pubblico scoprì che l' Italia era una proficua produttrice di locomotive e vagoni ferroviari, vascelli, pompe e argani.
Il settore chimico stava facendo i primi passi, ma a Milano esposero già i loro prodotti alcune aziende.

Queste erano solo alcune tra le più note aziende che animarono l' Expò del 1881, ma avrebbero comunque consentito a un visitatore attento di comprendere un dato, fra tanti entusiasmi. L' Italia si avviava sulla strada dell' industrializzazione con un "vizio d' origine": la carenza di fonti di energia e materie prime. Quindi la naturale dimensione dell' industria italiana sarebbe stata quella piccola e media. La grande industria si sarebbe affermata con difficoltà.

L' inaugurazione della fiera fu vissuta con grande euforia per le strade di Milano: eventi culturali e mondani si susseguirono per tutta la settimana d' apertura. Il divertimento popolare trovò soddisfazione nella grande lotteria a premi: furono venduti ben 2 milioni di biglietti. In palio c' erano cinque cubi d' oro massiccio e un migliaio di premi minori. All' interno dello spazio espositivo vennero allestiti bar, ristoranti e ampi spazi per il riposo nel verde del giardino pubblico.

I giornali parlarono della fiera in termini lusinghieri: il "Gazzettino Rosa", di impostazione radical repubblicana la definì "la grande festa del lavoro italiano"; l' Illustrazione italiana" scrisse che l' eposizione milanese ripagava la nazione dello smacco che aveva dovuto subire in Tunisia, cedendo il passo ai Francesi.
Tuttavia, non tutte le voci furono entusiaste dell' Esposizione. Camillo Boito lamentò l' assoluta mancanza di stile nelle architetture espositive, sbeffeggiando i padiglioni a forma di pagoda, di tempio greco o di isba russa. Gli amanti del buon gusto lamentarono l' eccessiva rumorosità degli ambienti e gli insopportabili miscugli di odori.
Per sei mesi i quotidiani e periodici d' Italia non parlarono d' altro che degli avvenimenti milanesi, incoronando Milano quale "capitale economica" d' Italia. Un ruolo che non avrebbe più lasciato.

Il bilancio della mostra fu positivo anche sotto il profilo economico. Con orgoglio, così scrivono gli organizzatori.
E' la prima eposizione che cominciò, fiorì e si chiuse senza, o quasi, intervento governativo; è la prima che finisce con un vantaggio finanziario. In qualsiasi galleria si movesse il passo, si incontrava una scoperta, scoperta di progresso, maturata lentamente nel silenzio, e che ora scattava fuori, alla luce del giorno. Tutta l' Esposizione fu un' utile scuola di arti e mestieri; ma una sezione era più specialmente riservata ai prodotti delle scuole artigianali. E' nella scuola che l' operaio si spoglia della scorza del vecchio Adamo, ignorante e sudicio, e si fa degno dei tempi nuovi.

La Crociata dei Bambini

Nella primavera del 1212, papa Innocenzo III aveva proclamato la quinta crociata e a questo scopo aveva ordinato a tutti i vescovi di preparare gli animi, organizzando grandi processioni.

"Eodem anno fuit iter stultorum puerorum", "in quello stesso anno ebbe luogo il viaggio degli stupidi bambini": con questa sprezzante frase un analista del tempo liquida un fenomeno di esaltazione collettiva senza precedenti, al cui confronto le strane apparizioni di angeli e le molte madonnine piangenti dei giorni nostri, seppure esaltate dai media, appaiono ben poca cosa.

Un giorno d' estate del 1212, infatti, alla corte di Filippo Augusto re di Francia si presentò un pastorello di dodici anni che si chiamava Etienne(Stefano); portava con sè una lettera che diceva di aver ricevuto da Cristo e che gli dava l' incarico di liberare il Santo Sepolcro insieme ad altri bambini come lui. Nessuno a corte lo prese sul serio, ma il piccolo pastorello cominciò a predicare davanti alle chiese di Francia e in breve tempo sollevò un tale entusiasmo da trascinare con sè folle di bambini.
I bambini fuggivano di casa per unirsi al gruppo dei piccoli crociati; in breve tempo questa folla s' ingrossò sino a comprendere molte migliaia di persone.
Stefano li conduceva in direzione del mare: il mare infatti (dicevano le sue visioni) si sarebbe aperto al loro passaggio come era avvenuto con Mosè nel Mar Rosso.

Un gruppo di bambini francesi, guidati dal pastorello Etienne, partì da Cloyes, un paese non lontano da Chartres situato sul cammino di Santiago, mentre un altro, di bambini tedeschi, capeggiato da un giovane chiamato Nikolaus, mosse da Colonia. Lungo il traggitto il corteo si ingrossava a vista d' occhio, a mano a mano che si univano i bambini delle città e delle campagne da esso attraversate; si parla di venti o trentamila persone per ciascuno dei due gruppi, formato non soltanto da bambini e ragazzi, ma anche da giovani donne con i figli al seno, prostitute e poveracci, cioè quasi tutti disperati con poco o nula da perdere, esaltati dalla prospettiva di una missione "santa" per il cui successo la loro stessa condizione di emarginati costituiva un presupposto vincente.
La predicazione francescana fu infatti uno dei motori ideologici di questa pazzesca impresa: il presupposto era che quello che non era riuscito ai potenti della terra, ai nobili e cavalieri, sarebbe riuscito ai bambini e ai loro seguaci, perchè veramente puri di cuore e vicini a Dio.

Inutile dire che l' impresa, se incontrò il massimo appoggio e favore del popolo, fu osteggiata in tutti i modi dal clero e dalle autorità costituite; il re di Francia Filippo Augusto, al quale Etienne e i suoi erano andati a chiedere sostegno a Parigi, ordinò loro di tornarsene a casa, forte del parere di un comitato di "esperti", formato da dottori dell' università.

Come finì? Malissimo, com' era da prevedere, e come tutte le crociate riferiscono. I bambini tedeschi si divisero in due o tre gruppi diretti verso l' Italia; il più importante, quello diretto da Nikolaus, dopo aver passato le Alpi-impresa di per sè già straordinaria, nelle condizioni dell' epoca-arrivò decimato a Genova dove i piccoli crociati si dispersero, demoralizzati e abbattuti, giacchè dopo tante peripezie il mare non si era aperto davanti a loro come il Mar Rosso.
Una parte si imbarcò effettivamente su una nave e se ne persero le tracce; gli altri tornarono a casa o rimasero a lavorare in Italia. Una sorte molto peggiore toccò ai bambini francesi; giunti a Marsiglia vennero imbarcati su sette navi da due mercanti senza scrupoli( dai significativi nomi di Ugo il Ferro e Guglielmo il Porco) che promisero di condurli in Terrasanta e invece li vendettero come schiavi in Egitto, a conclusione di un viaggio spaventoso. Di loro non si seppe più nulla.

Della tragica avventura di quei bambini del XIII secolo è rimasta traccia nella fiaba del pifferaio di Hamelin:"...tutti i bambini uscivano dalle case e lo seguivano come incantati; niente poteva fermarli. Giunsero ai piedi di una montagna, dove improvvisamente si aprì una grande porta; tutti i bambini vi entrarono, la porta si richiuse dietro di loro e nessuno li rivide mai più".

Il caffè: le sue origini, i modi per prepararlo e i suoi effetti



La prima pianta di caffè fu trovata in Arabia e nonostante i vari trapiantamenti che quest' arbusto ha subito, il caffè migliore ci viene sempre da lì.
Un' antica tradizione ci dice che il caffè fu scoperto da un pastore, il quale notò che le sue capre erano agitate in modo anormale dopo aver brucato le siepi delle piante di caffè.

Vera o no che sia questa storia, l' onore di questa scoperta apparterebbe solo per metà al pastore, il resto spetta incontrastabilmente a colui che per primo ebbe l' idea di abbrustolire il chicco. Infatti, il decotto di caffè crudo non sa di nulla, ma la carbonizzazione vi sviluppa un aroma e ne estrae una sostanza oleosa che caratterizza il caffè quale siamo soliti prendere. Due cose che senza l' intervento del calore sarebbero rimaste eternamente sconosciute.

I Turchi, i quali in questa materia sono maestri, non usano alcun macinino per triture il caffè: essi lo pestano nel mortaio con un pestello di legno; e questi arnesi, quando sono stati adoperati molto a lungo, diventano preziosi e si vendono a caro prezzo.

Alcuni anni fa, tutti si occupavano del miglior modo di fare il caffè.
Fu proposto di farlo senza torrefazione, cioè senza ridurlo in polvere, d' infonderlo a freddo, di farlo bollire per tre quarti d' ora, di metterlo nell' autoclave.

I medici del passato hanno esposto diverse opinioni sulle proprietà igieniche del caffè, e spesso sono stati di pareri disaccordi. Ma tralasciamo di entrare nella questione, e occupiamoci solo del punto più importante, ossia dell' influsso del caffè sugli organi del pensiero.
Senza dubbio il caffè eccita fortemente le facoltà cerebrali: per esempio ognuno che lo beva per la prima volta è sicuro di privarsi di una parte del sonno. Tale effetto è talora mitigato o modificato dall' abitudine: ma esso può avvenire in altro modo; infatti alcune persone a cui il caffè non impedisce il sonno durante la notte, ne hanno bisogno per tenersi sveglie durante il giorno e se ne hanno bevuto dopo cena, la sera si addormentano.

C' è da aggiungere che un tempo solo le persone di età almeno matura bevevano caffè, ora lo bevono tutti.
All' epoca dei lumi si pensava che tutti i genitori avevano il dovere di proibire severamente il caffè ai loro bambini se non volevano mutarli in aride macchinette, intristite e già vecchie a vent' anni.

Negli usi e costumi del Settecento, quella del caffè era una moda particolare. La bevanda, infatti, come si conviene alle novità dal fascino un po' esotico, vide al contempo strenui oppositori e accaniti sostenitori.
Tra questi ultimi troviamo Voltaire che, a chi gli consigliava moderazione perchè "Il caffè è un veleno che uccide lentamente" pare rispondesse "Non importa, tanto non ho fretta".
Tra gli oppositori Brillat-Savarin considerava il caffè quasi una droga.

Le virtù del coniuge perfetto secondo gli antichi proverbi

I proverbi danno un' immagine relativamente omogenea, ma parziale dei criteri che presiedevano alla scelta di un coniuge. Da una parte privilegiano il punto di vista dell' uomo, dall' altra la loro saggezza è spesso espressione della saggezza dei padri più che dei sentimenti vissuti dai giovani: il tono per lo più pessimista, talvolta cinico, sempre disincantato di queste testimonianze.

Un primo principio è affermato universalmente: mettere in gurdia i giovani nei confronti della bellezza e delle sue tentazioni:"Bel viso, matto chi ci si specchia", "Belle rose diventano spine".
Inoltre non serve a niente: "La Bellezza non si mangia e non si beve" e "Bella moglie non ti farà mai ricco".

Peggio ancora, nasconde ogni vizio: "Bello e buono non può essere", "Una bella ragazza ha sette difetti" e "Chi cerca una rosa trova spesso dello sterco".

Infine una bella donna attira cupidigia e i guai:"Chi ha una moglie bella, un castello sul confine e una vigna sul bordo della strada, non manca mai di guerre".

I proverbi raccomandanodi scegliere moglie o marito per la sua virtù: "Moglie buona e leale è tesoro senza eguale" e "La virtù è la miglior attrattiva. Il buon vino non ha bisogno di orpelli".

Una buona moglie è soprattutto una donna casta, dall' onore senza macchia: "Niente formaggio senza crosta e niente moglie senza pudore".

La donna deve essere anche una buona massaia:"La moglie che è spesso in strada tiene la casa come un letamaio".

Allo stesso modo la giovine o suo padre devono scegliere un giovanotto lavoratore:"Cacciatore o pescatore non hanno mai acquistato nè campo nè vigna" e "Le carte e il tamburello non hanno mai fatto bollire la pentola".



Sesso controvoglia, condannato il marito

Sesso, ma controvoglia e solo per evitare che il marito siculo facesse scenate davanti ai figli.
La Cassazione ha condannato l' uomo per violenza sessuale, perchè costringeva la moglie a subire i rapporti, nonostante "fosse consapevole del fatto che la donna non gradiva e soddisfava le sue voglie solo al fine di evitare indecorose e diseducative liti di fronte ai figli".

In particolare la Suprema corte ha giudicato infondato il ricorso con il quale l' uomo, un 50enne di Messina, ha contestato la condanna per vilenza sessuale inflittagli per aver violentato la moglie.
I giudici hanno evidenziato come dal processo era emerso che davanti ai no della donna, il marito aveva reagito anche aggredendola, mentre, in seguito, la moglie aveva subito le voglie solo perchè "si litigava sempre per questo problema e per non creare confusione ai ragazzi, acconsentivo".

L' uomo condannato a un anno e tre mesi, ha avuto la pena sospesa dalla condizionale.

10 storie che sembrano pesci d' aprile ma non lo sono

Oggi 1 aprile è il giorno dei pesci d' aprile, un giorno in cui i scherzi abbondano, anche se a volte ci si scervella per trovare uno scherzo divertente. Mentre noi pensiamo al nostro pesce d' aprile, in questi giorni ci sono state molte notizie più simili a pesci d' aprile che fatti veri. Invece è tutto vero e vorrei riportare qui una classifica delle 10 notizie più bizarre e strane di questi ultimi giorni:

1) Un nuovo sistema pay-per-view è stato ideato per poter seguire in diretta i funerali dei propi cari ed è in fase di lancio da oggi.

2) Una tartaruga è diventata dipendente alla nicotina. La tartaruga è diventata dipendente dopo essersi posata su un mozzicone di sigaretta.

3) La menopausa è causata dall' antica battaglia tra mogli e suocere, riporta il Times. Nell' antichità infatti quando la competizione per cucinare era vinta dalle giovani mogli, che alimentavano la prole, le suocere hanno cominciato a perdere le loro capacità, tendendo ad aiutare i nipoti invece di avere figli propri.

4) è stata creata un' iniezione, che consente alle donne orgasmi più lunghi e migliori, aumentando la dimensione del punto G. L' inezione costa £ 800 ed è fatta in anestesia locale.

5) Le sedie e i banchi delle scuole britanniche devono essere sostituiti con altri più grandi, perchè i ragazzi inglesi sono un centimetro più alti di quelli di 10 anni fa, e sono anche più obesi.

6) Turbine eoliche e panelli solari costruiti da compagnie inglesi in tutto il mondo saranno in grado di fornire una buona fonte di energia rinnovabile all' Inghilterra.

7) Steve Heward, un dentista, ha dichiarato che presto sarà in grado di fare tatuaggi sui denti.

8) La tradizionale arte marziale cinese T'ai Chi può aiutarea tenere sotto controllo il diabete, riferisce il Daily Mail. Apparentemente, i ricercatori hanno verificato che la respirazione profonda e i movimenti sono in grado di tradursi in una diminuzione dei livelli di zucchero nel sangue.

9) Un ladro in un acquario norvegese è riuscito a scappare con un coccodrillo lungo due metri.

10) Dei clienti sono stati sbattuti fuori da un locale perchè chiamavano "amore" il barista.

Due bambine trovano la testa di una donna su una spiaggia


Le due giovani sorelle in questione devono aver pensato a un pesce d' aprile veramente di poco gusto quando hanno aperto la busta di plastica che avevano trovato lungo la spiaggia di Arbroath.
Le due bambine sono corse a casa urlando impaurite per raccontare tutto alla mamma, la quale ha subito chiamato la polizia.
Gli agenti hanno subito chiuso la spiaggia al pubblico e sono andati alla ricerca di eventuali altre parti del corpo, ritrovando una mano.

Un portavoce della Tayside Police ha dichiarato che stanno tentando di identificare la donna e che stanno continuando a cercare in tutta la spiaggia.
"La testa verrà rimossa per portarla in laboratorio dove veranno effettuate ulteriori analisi" ha detto il portavoce, aggiungendo "Le bambine hanno trovato quello che sembra essere il capo di una donna, nascosto in una busta di plastica; è stata ritrovata anche una mano sempre sulla stessa spiaggia. E' sottinteso che appartengono a una donna."

La polizia è stata avvertita della scoperta alle 10.30 e si attengono ulteriori sviluppi.