Spiga

Tecniche di Disinformazione-Parte 4

IL LINGUAGGIO

1. IL LINGUAGGIO SCRITTO

La redazione della notizia occulta spesso, sotto la facciata della neutralità ed oggettività, la valutazione del/la giornalista e del media per il quale lavora. Possiamo distinguere diverse tecniche per far scivolare, mediante il solo uso dell’espressione scritta, l’opinione dei redattori sopra l’informazione che ci offrono:

1.1 Tono/linguaggio orientato

L’uso, a seconda dei casi, di un tono trionfalista, peggiorativo o di condanna tagliente, presentando come indiscutibile la valutazione positiva o negativa di un fatto attraverso il linguaggio, per togliere ogni dubbio e dibattito in merito.
Un’altra maniera più sottile per screditare una cosa mediante il linguaggio è l’uso delle virgolette. Non per trascrivere una dichiarazione, come vedremo nel punto Fonti di Informazione, ma per mettere in dubbio un termine od un fatto. Per esempio, nelle notizie che si riferiscono alle occupazioni di solito mettono fra virgolette l’espressione Centro Sociale, mentre non accade lo stesso se si tratta di un centro sociale o culturale del comune. La stessa cosa avviene con l’espressione Scuola Popolare, che nelle notizie viene messa fra virgolette mentre non viene fatto lo stesso con le scuole statali o private.
Evidentemente, in questi casi ed in molti altri le virgolette hanno la funzione di screditare e mettere in dubbio il loro contenuto.

1.2 «Parole magiche»

La creazione ed imposizione di una opinione mediante ciò che abbiamo chiamato «parole magiche», vale a dire: termini con una connotazione positiva (sviluppo, crescita, tecnologia, Europa, moderato, competitività, impiego, flessibilità) o negativa (primitivo, radicale, illegale, fondamentalista, protezionismo). Questi sono utilizzati così ripetutamente in certi discorsi o contesti che finiscono assumendo per conto loro un valore aggiunto, una connotazione che va oltre il loro semplice significato. Il risultato pratico è che, una volta generata la «parola magica», basta associarla a qualsiasi tema o argomento per impregnarlo dei suoi valori.
Così per presentare la liquidazione del settore pubblico come qualcosa di positivo basta risaltare (se possibile nei titoli) che questo va a generare più competitività, più crescita, o che ci avvicinerà di più all’Europa. E per giustificare e legittimare l’investimento multimilionario dello Stato in armamenti, basta riferirsi alla quantità di impiego che questo genera. In cambio, per demonizzare e criminalizzare qualsiasi iniziativa o azione dei movimenti sociali o popolari che metta in dubbio seriamente il sistema dominante, si usa ed abusa del termine «radicale», previamente negativizzato ed associato a concetti come «fanatico», «ultrà» o incluso «terrorista».

1.3 Associazioni di parole e fatti

Alcune parole inoltre sono di solito associate a determinati collettivi o persone («giovani radicali» o «giovani violenti», «radicalismo basco», «esercito umanitario», «integralismo/radicalismo arabo/islamico»…) di modo che una delle due parole finisce per evocare automaticamente l’altra. In altri casi la manipolazione si produce nell’associare ripetutamente certi collettivi con determinati fatti. Il miglior esempio è il caso di fatti delittuosi che hanno come protagonisti immigrati, nei quali solitamente viene risaltata (e normalmente nei titoli) la nazionalità o condizione di immigrato/a degli stessi. Anche se normalmente le notizie non stabiliscono una
relazione diretta ed esplicita fra il fatto di essere immigrato e la delinquenza, si genera per ripetizione una stretta associazione fra l’immigrazione e fatti delittuosi o di conflitto, fomentando con ciò allarme sociale, xenofobia e razzismo.

1.4 Eufemismi e tecnicismi

Hanno l’effetto di banalizzare, ammorbidire o togliere valore alla portata di un argomento, presentandolo sprovvisto del suo proprio contenuto e significato. Per esempio, presentando un certo armamento come un prodotto di alta tecnologia, utilizzando espressioni eufemistiche come «danni collaterali» invece di civili morti quando si parla di una guerra, «forze dell’ordine» invece di forze di polizia o forze repressive, «intervento aereo o terrestre» invece di attacco, bombardamento o invasione, «maltrattamenti o violenza domestica» invece di aggressione o violenza maschilista o maschile, ecc. In altri casi l’uso di un certo linguaggio tecnico, come il gergo giuridico, amministrativo o di determinate professioni complica, quando non impedisce, alla maggior parte dei lettori di comprendere il significato di certe notizie allo stesso tempo, con l’utilizzo di questi termini tecnici-specializzati si pretende di rivestire l’informazione (con le valutazioni ed opinioni che incorpora) di autorità e oggettività, appoggiandosi sul carattere di indiscutibilità che viene attribuito di solito a tutte le cose scientifiche.

1.5 Espressioni orientate

Senza che siano precisamente degli eufemismi, sono «frasi fatte» che tendono a ripetersi nel linguaggio giornalistico, e che servono per orientare in un certo senso la descrizione apparentemente oggettiva di certi fatti.
Gli esempi sono innumerevoli, anche se vale la pena di riportarne alcuni:
Per esempio, per giustificare cariche poliziani nel caso di manifestazioni, si suole utilizzare le seguenti espressioni: «La polizia si vide obbligata a caricare», o «Provocarono la carica della polizia». Così in molti casi si scarica la responsabilità della violenza su coloro che prendono le botte. Quando non si verificano cariche, numerose relazioni di manifestazioni finiscono con espressioni tipo: «Non ci sono stati incidenti». La formula non è innocente, perché sembra indicare la cosa come un fatto eccezionale. Vale a dire che sottolineando che non ci sono stati incidenti si vuol fare capire che la cosa normale sarebbe stato il contrario, e con ciò si insiste sottilmente nel conferire un’immagine violenta a certi gruppi o collettivi. L’espressione: «Fonti ben informate» si suole utilizzare per dare affidabilità ad informazioni estratte da fonti inconfessabili, sospettose o direttamente per legittimare rumori o informazione inventata.

1.6 Stili narrativi

Per scrivere certe notizie spesso si utilizzano diversi stili narrativi (epico, lirico, satirico, pubblicitario), cercando così di generare un sentimento di consenso o rifiuto verso alcuni fatti che se non fossero narrati in questa maniera potrebbero suscitare nel lettore impressioni non convenienti.